OCEANO – I terremoti contribuiscono al cambiamento del clima attraverso il rilascio di metano, dal fondo dell’oceano. Uno studio condotto da ricercatori svizzeri e tedeschi ha scoperto una fonte naturale di emissioni di gas metano. I ricercatori sottolineano che gli scienziati del clima è necessario considerare la quantità di metano che viene rilasciato quando i terremoti strappare il fondale marino aperto, al fine di comprendere meglio le varie fonti di gas. I ricercatori dell’Università di Brema hanno scoperto che un terremoto sottomarino che si è verificato in Pakistan 70 anni fa ha squarciato il fondale del mare e rilasciato il gas metano, in atmosfera. “Suggeriamo che c’è una nuova sorgente che si potrebbe desiderare di prendere in considerazione in futuro,” David Fischer, un ricercatore post-dottorato presso l’Università di Brema, in Germania e l’autore principale dello studio, è stato citato in The New York Times . I ricercatori hanno analizzato i campioni di sedimenti raccolti nel 2007 da due località del Mar Arabico settentrionale. Descritta come la zona di subduzione Makran, il limite di placca ha innescato i terremoti più terribili e letali come quello che si è verificato nel 1945 in Pakistan. Un terremoto di magnitudo 8,0 in Pakistan ha provocato uno tsunami sostenendo circa 4.000 vite. E ‘noto che i pavimenti di mare sono il luogo ideale per la formazione di metano quando le acque oceaniche profonde e i fondali marini sono freddi e gli idrati di metano sono stabili eccessivamente sotto pressione e basse temperature. La pressione al di sotto della profondità d’acqua di 350 metri è appena a destra per stabilizzare gli idrati. Per il presente studio, i ricercatori hanno analizzato sedimenti prelevati da siti dove i nuclei indicavano la presenza di grandi quantità di metano. Sul calcolo del tasso di metano nei nuclei hanno stimato che vi era stato un aumento significativo del livello di gas dopo il terremoto del 1945. I ricercatori hanno calcolato che negli ultimi dieci anni di quasi 7,4 milioni di metri cubi di metano è sfuggito alla superficie. “Sulla base di diversi indicatori, abbiamo ipotizzato che il terremoto ha portato a una frattura dei sedimenti, rilasciando il gas che era stato intrappolato sotto le idrata in mare”, ha detto Fischer. Un recente studio condotto da ricercatori dell’Università di Cambridge e l’Università Erasmus negli stati olandesi afferma che il rilascio di metano nell’Artico potrebbe aumentare la fusione del ghiaccio marino e il conseguente cambiamento del clima costerà l’economia globale fino a $ 60 trilioni nel prossimo decenno. Da diversi anni gli scienziati hanno sospettato una forte associazione tra terremoti ed esplosioni di metano sottomarini, ma questo è il primo studio che conferma questa associazione ed è stato documentato nella rivista Nature Geoscience. C’è un problema. La minaccia del metano indubbiamente è reale ma quello che non è reale è il processo che lo forma e come questo gas una volta nell’atmosfera va a condizionare il clima. Si ipotizza che se questo gas aumentasse nell’atmosfera terrestre si avrebbe il rischio di un forte aumento delle temperature globali, in realtà no, la durata di questo gas nell’atmosfera non va in alcun modo ad aumentare le temperature dell’atmosfera in quanto una volta rilasciato nell’atmosfera andrebbe a convertirsi in due differenti tipi di gas, una molecola di anidride carbonica e due di vapore acqueo. L’anidride carbonica è trascurabile, il vapore acqueo invece aumentando in percentuale nell’atmosfera porta ad un’aumento delle precipitazioni. Maggiori piogge, maggiori alluvioni e addirittura maggiori nevicate. Cosa porta alla formazione di metano nelle zone di subduzione? Come descritto in Abiogenia Vulcanica il metano e il petrolio specialmente nelle aree tettonicamente attive sono un fenomeno legato a processi di vulcanismo. Numerose prove ci pervengono da tutto il mondo. Nella figura viene illustrato il sistema di Rift dell’Africa orientale in rosso. Scoperte di petrolio sono contrassegnate con croci verdi. La croce rosa segna lago Kivu, che contiene come riferito contiene 50 milioni di tonnellate di metano disciolto per cui non esiste alcuna fonte microbica adeguata. L’Artico di per se è attraversato da dorsali oceaniche e quindi è assai frequentemente soggetto a vulcanismo e scosse di terremoto, non per niente ma proprio lì si trovano enormi giacimenti di petrolio e metano. Contrariamente a quello che si suppone l’Artico rilasciando il metano non diventerebbe una bomba ad effetto serra, ma una bomba ad acqua causata direttamente dalle forze tettoniche che stanno nelle sue profondità minacciando di riscaldarlo e rilasciare gli idrati di metano.
Indonesia e Cile potrebbero presto distribuire reattori alimentati a torio per alimentare la loro rete elettrica e per alimentare impianti di dissalazione d’acqua, secondo una poco conosciuta società canadese che l’avrebbe fornito a loro. Il torio offre molti vantaggi rispetto l’uranio che alimenta tutti di 435 reattori nucleari commerciali di tutto il mondo. Tra di loro: è più sicuro, ci sono circa quattro volte di più di esso sulla terra, è il meno longevo dei rifiuti, ed è relativamente difficile fare una bomba dai suoi rifiuti. Thorium Power Canada (TPC), con sede a Toronto, è in “trattative avanzate” con le autorità indonesiane e cilene per la fornitura di un piccolo reattore a torio per ogni paese. L’indonesia potrebbe installare un reattore sull’isola di Kalimantan in due anni. Il reattore sarebbe o connettersi alla rete nel paese in rapida espansione, o alimentare un impianto di dissalazione di acqua. Il reattore in Cile sarebbe per la dissalazione di acqua di alimentazione per Copiapo, una città del nord asciutta a circa 40 miglia dalla costa del Pacifico. Kerr ha detto che il progetto indonesiano potrebbe probabilmente andare avanti prima di quella cilena. “Il nostro unico vincolo dell’Indonesia è il finanziamento”, ha detto, notando che TPC ha bisogno di raccogliere 50 milioni dollari prima di costruire i proventi per Kalimantan. Il reattore utilizzerà combustibile solido piuttosto che la varietà di liquido che gli sviluppatori di un altro tipo di reattore – reattori a sali fusi – hanno in mente. Aziende MSR comprendono Ottawa-based energia terrestre e Cambridge, Mass.-based Transatomic Potenza , entrambi i quali sono concentrati in prima sull’uranio liquido e che potrebbero passare a torio. I reattori TPC genereranno capacità comprese tra 10 MW e 100 megawatt, inserendoli nella categoria “piccolo modulare” , che offre costi e benefici di produzione, e che si presta ad un impiego in aree off-grid remote come le operazioni di estrazione. Kerr ha detto che le società minerarie cileno e argentine sono interessati alla Thorium Reactor TPC (Copiapo è vicina miniera di San Jose in Cile, dove 33 minatori hanno trascorso 69 giorni intrappolati sottoterra nel 2010). L’azienda è inoltre in prime discussioni per fornire reattori per l’Arabia Saudita.
“Potete temere la guerra nucleare, la guerra elettrica e tutto quello che volete ma la più grande guerra da temere è quella dell’utero.” Orianna Fallaci Partendo dall’assunto di quanto abbiamo appreso nella parte precedente bisogna far notare però che certe decisioni dell’attuale Unione Europea sono assai non poco discutibili in quanto più per una mancanza di cultura e allo stesso modo di visione al lungo termine l’Unione Europea sembra favorire enormi sussidi ad una politica estremamente costosa ma dalla scarsa efficenza e allo stesso modo quella che in futuro diventerà la soppressione della sua stessa radice tramite l’immigrazione dell’Islam. Cominciamo innanzitutto degli enormi incentivi che si stanno promuovendo nel campo delle energie rinnovabili, i quali in un periodo del genere dovrebbero invece essere spesi per promuovere nuovi posti di lavoro, finanziamenti nel settore delle armi e di altri settori di maggiore importanza. Tony Blair come premier per i consumatori di energia in Gran Bretagna ha affermato che il Regno Unito deriverà il 15 per cento della sua energia totale da fonti rinnovabili entro il 2020. Il resto del suo governo ha pensato che Blair stava per accettare di impegnarsi per il 15 per cento di energia elettrica da fonti rinnovabili, non del suo consumo energetico totale – compresi i trasporti e il riscaldamento – un obiettivo che computano del tutto irrealistico. Ma al di là delle sue implicazioni politiche immediate, la decisione di Blair è emblematica della sinistra moderna. Per prendere in prestito dal filosofo francese Pascal Bruckner, autore de Il fanatismo de Apocalypse, adottando l’ambientalismo, la sinistra ha abbandonato i suoi ideali. Fonti rinnovabili, in particolare eolica e solare, contribuiscono molto poco per tagliare le emissioni di gas a effetto serra. Essi sono estremamente inefficienti, che richiedono il backup da combustibili “fossili” o centrali nucleari. Le rinnovabili incarnano tutto il socialismo opposto. Sostituendo una fonte efficiente di energia per una meno efficiente riducendo miseramente il potenziale produttivo dell’economia. Le centrali elettriche a carbone sono state convertite per bruciare il legno importato. Le politiche a favore delle energie rinnovabili sono un classico caso di prendere la ricchezza dai molti e trasferendolo ai pochi proprietari terrieri e le compagnie energetiche. In Gran Bretagna tra le due guerre mondiali, la nostalgia rurale e l’ostilità verso l’industria tendeva ad essere una preoccupazione della destra. I suoni dell’Inghilterra di Stanley Baldwin erano il tintinnio del martello sull’incudine e la falce contro la pietra, il leader conservatore l’ha detto alla riunione del giorno di San Giorgio, nel 1924, dopo la sua prima esperienza come primo ministro. Per George Orwell, era il rumore di zoccoli nelle città mulino Lancashire, il vai e vieni dei camion sulla Great North Road e il tintinnio delle pinte nei pub di Soho. Il lavoro è stato il campione della vita urbana e gli interessi della classe operaia industriale. Soprattutto, il socialismo doveva essere di circa il progresso. È vero, ci sono state alcune voci sulla sinistra di un ritorno a un passato rurale. I distributisti, prominenti fra loro Hilaire Belloc e GK Chesterton, hanno sostenuto espropriando i proprietari dei terreni e dando ad ogni famiglia tre acri e una mucca. Le Camicie verdi, un movimento stile hippie che sposava sentimenti di ritorno alla natura che hanno marciato per Londra nel 1930, ma nel 1944 erano stati cancellati dal deputato laburista Tom Driberg come una “piccola, fantasiosa setta di adoratori della natura.” Gli avversari più articolati dal dopoguerra sull’ambientalismo erano sulla sinistra. L’esperienza di lavorare con gli scienziati allarmati dalla ipotetica incompatibilità della civiltà industriale con limiti ambientali ha portato l’economista Wilfred Beckerman, a criticarli dall’avere una scarsa comprensione del modo in cui il mondo degli esseri umani funziona. Beckerman è stato consigliere di Tony Crosland nel primo governo Wilson, quello che stava per forgiare una nuova Gran Bretagna nel calore bianco della rivoluzione tecnologica. Come socialdemocratici, si opposero all’ambientalismo perché le polizze collettive per migliorare la qualità della vita favorivano la scelta migliore. Crosland ha attaccato gli ambientalisti per essere ostili alla crescita economica e indifferenti ai bisogni della gente comune. Un fatto che tristemente continua ancora al giorno d’oggi senza che venga fatto niente per fermarli. Niente illustra meglio il fallimento intellettuale dei loro successori moderni che la loro fede nella frode intellettuale della cosidetta “crescita verde” e la sua subordinazione di analisi economica per l’illusione che non ci sono compromessi tra obiettivi di decarbonizzazione aggressivi e dei livelli di vita. Affrontare il cambiamento climatico, una volta Tony Blair ha affermato nella sua ideologia che era ‘la strategia pro-crescita.’ Una generazione fa, i socialdemocratici videro l’ambientalismo come una minaccia per gli interessi dei lavoratori. In capitolare per l’ambientalismo, la sinistra moderna ha rinunciato al socialismo. Due cose derivano da questo. In primo luogo, la sinistra ha abbandonato il rigore intellettuale. In secondo luogo, relegando gli interessi dei lavoratori e dei meno abbienti per salvare il pianeta, la sinistra lascia una vasta fascia di elettori in palio. Anche in Italia purtroppo c’è questo grave rischio. Non è un requiem per i Verdi ma poco ci manca: l’assenza ormai pluriennale di una formazione politica che dia uno sbocco istituzionale al sentire ecologista di fasce sempre più larghe di italiani sta per far nascere un nuovo soggetto politico, Green Italia. L’idea, in partenza, è stata degli ex senatori Ecodem del Pd, Francesco Ferrante e Roberto Della Seta e della presidente dei Verdi europei Monica Frassoni, cui via via si sono aggiunti anche altri: uno su tutti, Angelo Bonelli, attuale presidente dei Verdi italiani “ma a titolo personale -tiene a sottolineare-. Il superamento dei Verdi è da anni il mio progetto pubblico”. La presentazione ufficiale della proposta sarà venerdì prossimo a Roma, in un incontro pubblico nell’auditorium del museo Maxxi. Proposta, avverte Ferrante in una conversazione con l’Adnkronos, “completamente nuova, che non ricalchi l’esperienza fallimentare dei Verdi italiani. Quella non è una esperienza da ripetere, anzi. Ormai quel marchio non solo non è attraente, ma al contrario respingente”. Dimostrato, osserva, dal recente 0,46% alle comunali romane, e ancora prima dall’esiguo risultato (2,2%) raggranellato dalla lista Ingroia. Ma non è solo una sommatoria di sconfitte nell’urna a spingere i promotori. “Con Della Seta -dice Ferrante- per tutta la vita abbiamo provato a dare rappresentanza, a ‘valorizzare’ politicamente, le questioni ambientali. Lo abbiamo fatto prima nella cosiddetta società civile dirigendo a lungo l’associazione ambientalista più diffusa nel territorio, Legambiente. Poi abbiamo pensato che non bastasse far crescere consenso diffuso che si otteneva con campagne associative ma che bisognasse entrare nel Palazzo. Lo abbiamo fatto -prosegue- cogliendo l’opportunità che sembrava offrire il Pd del Lingotto, dove il tema era uno di quelli fondanti per il nuovo partito, apparentemente. Ma la storia di questi 6 anni dimostra che quel tentativo è fallito: il Pd non si è mai amalgamato su temi nuovi, uno dei quali avrebbe dovuto essere questo, e si dibatte tra correnti”. Il fallimento italiano della via istituzionale all’ecologismo è tanto più aspro se ci si confronta con quanto avviene oltralpe, ragionano i fondatori. “E’ grazie alla forza competitiva dei Grunen (10,7% alle politiche del 2009, il 15% nei sondaggi sul prossimo voto di settembre) se in Germania anche gli altri partiti considerano i temi ambientali come priorità -si legge nell’invito di convocazione all’appuntamento del 28 giugno- e in Francia le politiche ambientali hanno cominciato a correre solo da quando destra e sinistra hanno dovuto fare i conti con Europe Ecologie, la federazione ecologista fondata da Daniel Cohn-Bendit che alle elezioni europee del 2009 ottenne oltre il 16% dei voti”. Proprio alla federazione francese punta, ormai da anni, il leader dei Verdi italiani Bonelli: “ho sempre sostenuto e lavorato in questi anni per verificare se ci fossero le condizioni per una forza ecologista che unisse tutti gli ecologisti italiani ma anche settori dell’economia, dell’associazionismo, della politica sul territorio definibile come sociale. Serve una forza ecologista di dimensione europea. I Verdi non hanno mai raggiunto questi obiettivi, ma non sono gli unici: la contaminazione degli ecologisti non ha funzionato neanche nel Pd e in Sel. Proprio la consapevolezza degli obiettivi non raggiunti, dal punto di vista storico, ci deve far diventare coraggiosi e rilanciare”. L’intenzione è quella di sciogliere i Verdi? “Superarli, come è successo in Francia -risponde Bonelli-. Se mai ci sarà uno scioglimento, dovrà essere deciso da un congresso. Al lancio di Green Italia partecipo a titolo personale. Intendo ‘superamento’ -specifica- nel senso di costruzione di una nuova forza ecologista, in cui anche elettori e militanti Verdi possano riconoscersi. E’ un atto di responsabilità e d’amore nei confronti del nostro paese”. Ma il ‘Sole che ride’, quasi in sordina, già prepara la strada: è di ieri, domenica, un criptico comunicato del Consiglio nazionale federale, approvato all’unanimità, in cui “i Verdi italiani -si legge- propongono a tutti i movimenti, associazioni, cittadini e realtà imprenditoriali della Green Economy di lavorare ad un manifesto comune di tutti gli ecologisti in Italia con l’obiettivo di presentare una lista ecologista e verde alle prossime elezioni europee, così come sollecitato dai Verdi europei”. Oltre ai tre “genitori” Ferrante, Della Seta e Frassoni c’è un elenco di promotori destinato ad allungarsi: al momento risultano, secondo quanto si apprende, esponenti di Legambiente come Edoardo Zanchini, vicepresidente, e Rossella Muroni, dg; Anna Donati, già parlamentare Verde, dirigente del Wwf e per breve tempo assessore a Napoli con De Magistris; ma anche un esponente dell’evaporato Fli, Fabio Granata. Sulla necessità di “fare coorte” per una nuova proposta ecologista insiste con foga anche Della Seta. “Il punto di partenza di chi viene dal Pd è stato prendere atto che il tentativo che molti ecologisti hanno fatto, contaminare il Grande Partito, è fallito. E non perché io e Francesco non siamo stati ricandidati -vuole chiarire-: questo poteva essere un problema per noi personalmente, ma il punto è che non siamo stati sostituiti da altri ecologisti. E’ che nel Pd proprio non si parla di ambiente: chiunque può constatare che uno chiunque dei cinquanta dirigenti di prima fila, con l’unica eccezione di Realacci se lo si vuole inserire nei 50, ignora il tema ambiente in qualsiasi sua declinazione. Non lo vedono, non lo capiscono”. Colpisce comunque che tra i promotori ci sia anche Granata, con storia e passione politica opposta a quelle di sinistra. “Sui temi ecologisti i confini vanno ridisegnati -risponde all’obiezione Della Seta-. Ciò che sta per nascere è fatto da persone che hanno storie anche molto diverse tra loro. E sulle battaglie ambientali ho sempre trovato Granata dalla parte giusta, non è un ecologista improvvisato”. Anche l’ex Ecodem insiste sull’assenza dei temi ecoambientalisti dal dibattito politico: “oggi è portato avanti da esperienze di base, anche molto presenti e radicate, si pensi ai movimenti che hanno vinto i referendum su acqua e nucleare. E’ evidente che quel tipo di sensibilità sia molto radicata negli italiani, ma ha uno sbocco politico. Queste realtà, al massimo, possono impedire che vengano fatte grandi schifezze ma difficilmente possono costruire nuove politiche”. Resta il fatto che, in nome dell’unità, si dà vita all’ennesimo soggetto partitico: “anch’io sento questa scelta politica azzardata, e capisco bene che Green Italia possa essere visto così. Ma non vedo altre strade -conclude Della Seta-, o meglio ho provato a percorrerle ma non ho visto risultati: oggi nessun partito nega un capitoletto all’ambiente ma è una specie di falso, un atto dovuto tanto per mettere a tacere gli scocciatori”. Quello che molte persone devono rendersi conto è il fatto che il Grande Minimo Solare e il progressivo cambiamento della temperatura della Terra non consentiranno alcun beneficio ne all’economia, ne all’energia elettrica importata tramite tecnologie rinnovabili che saranno completamente inefficienti, quello che necessita lo sviluppo dell’Europa è puntare sull’energia nucleare, sullo sviluppo di centrali a carbone e sfruttare i propri giacimenti di gas e petrolio. L’idea che l’immissione di anidride carbonica sia un’inquinante e causi l’effetto serra è un errore che manca di realtà scientifica e quindi le politiche a riguardo di essa dovrebbero essere abolite in quanto dannose sia per lo sviluppo dell’economia che per i cittadini. L’influenza solare è infinitamente maggiore del ruolo dell’anidride carbonica nell’atmosfera che può facilmente essere trascurata, non sono solo affermazioni ma fatti confermati da numerosi studi scientifici. Un nuovo documento intitolato L’influenza solare sul clima SPPI ; CO2 Science: Raggi Cosmici sulla teoria di Svensmark cosmoclimatology conclude: “Chiaramente, alla luce di tutte le prove di cui sopra, il flusso di raggi cosmici galattici esercita un’influenza importante sulla clima della Terra, e probabilmente molto di più di quella esibita dal moderno aumento della CO2 atmosferica, rendendo le fluttuazioni del Sole il candidato principale per il “fattore determinante” dello stato climatico della Terra. Un nuovo documento SPPI; CO2 su Scienze intitolato: Influenza solare sulle Temperature europee trova ampia evidenza che l’attività solare ha dominato il cambiamento europeo clima dei passati 2 millenni “suggerisce che ci sono pochi motivi per attribuire il riscaldamento globale del 20 ° secolo per il concomitante aumento contenuto della CO2 nell’aria. La variabilità naturale appare perfettamente in grado di spiegare tutto. In conclusione, gli studi paleoclimatici dall’Europa forniscono ulteriori prove per la realtà globale che le oscillazioni di temperatura solare indotte pervadono periodi sia glaciali e interglaciali, queste oscillazioni sono sempre il più probabile come agente forzante principale responsabile di guidare il cambiamento di temperatura durante il periodo caldo corrente. Il concomitante aumento storico del contenuto di CO2 aria, d’altra parte, è probabilmente poco più di un lettore bit “. (lettore bit non so cosa intenda) Estratto: “In un altro confutazione della teoria del riscaldamento globale indotto dalla CO2, Mangini et al.hanno trovato “una forte correlazione tra O18 e C14, che riflette la quantità di radiocarbonio nell’atmosfera superiore,” e notano che questa correlazione “suggerisce che la variabilità solare è stata uno dei principali motori di clima in Europa centrale nel corso degli ultimi due millenni.” In questo proposito, si segnala che “i massimi di O18 coincidono con minimi solari (Dalton, Maunder, Sporer, Wolf, così come con minimi intorno al 700 dC, 500 e 300),” e che “il periodo più freddo tra il 1688 e il 1698 ha coinciso con il minimo di Maunder. “Inoltre, in un lineare modello di analisi della percentuale di varianza della loro ricostruzione completa di temperatura si spiega individualmente la forzatura solare e della CO2, hanno scoperto che l’impatto del Sole era completamente 279 volte superiore a quella della concentrazione di CO2 presente nell’aria , sottolineando che “l’evoluzione piatta della CO2 nel corso dei primi 19 secoli rese quasi evanescenti i coefficienti di correlazione con le ricostruzioni di temperatura.” Nonostante tutto però le campagne ambientaliste continuano ad avere la loro influenza nella politica prendendo svariati sussidi di milioni di euro, sussidi che dovrebbero essere rivolti più alla creazione di posti di lavoro che a politiche di decrescita. Allo stesso modo Commissione europea dara’ “tutto il suo appoggio” alle iniziative salva-clima di oltre cinquemila fra citta’ ed enti locali che oggi aderiscono al Patto dei sindaci. A ribadirlo piu’ volte il presidente della Commissione Ue, Jose’ Manuel Barroso, di fronte a centinaia di rappresentanti riuniti all’Europarlamento di questa iniziativa, partita in Europa nel 2008 con l’obiettivo di andare oltre l’obiettivo di riduzione del 20% della CO2 (che causerebbe il riscaldamento globale) per il 2020 fissato dall’Ue e che si sta allargando anche all’Europa orientale, poi al Sud del Mediterraneo, fino alla Nuova Zelanda. Secondo Barroso “non e’ solo un sogno pensare di collegare citta’ in tutto il mondo e andare al di la’ della diplomazia, arrivando alla base: serve il sostegno dell’opinione pubblica se vogliamo l’impegno nella lotta contro i cambiamenti climatici fra le priorita’ “. Di qui l’alleanza della Commissione Ue con R20, l’organizzazione promossa dall’ex governatore della California, Arnold Schwarzenegger, per promuovere l’azione degli enti locali su efficienza energetica, fonti rinnovabili e tecnologie verdi a livello mondiale. “Nel bilancio 2014-2020 ci siamo impegnati a spendere il 20% del budget in attivita’ legate al clima, anche con Paesi extra Ue“, ha ricordato Barroso. “Possiamo utilizzare tutti gli strumenti europei – ha spiegato il capo dell’esecutivo Ue – e in particolare pensiamo ai fondi di coesione, quelli per le citta’ intelligenti, ma anche alla ricerca, sull’efficienza energetica, l’uso delle materie prime e le rinnovabili”.(ANSAmed). Il Commissario europeo al bilancio Janusz Lewandowski ha annunciato il 27 marzo 2013 la proposta di aggiungere altri al budget UE altri 11,2 miliardi di euro, che andrebbero a sommarsi ai 132,8 miliardi già previsti per il budget per il 2013. Sarebbero in tutto 144 miliardi. Fatta eccezione dell’eccesso di sussidi elargiti che probabilmente finiranno nel vuoto senza alcun risultato, il problema che non si riesce a riconoscere è uno solo: il pianeta non si stà surriscaldando. Probabilmente questo problema verrà compreso realmente solo dopo una serie di inverni sempre più freddi oppure quando il Tamigi tornerà nuovamente a ghiacciare. Certamente quando questo problema verrà compreso la politica europea volgerà bruscamente verso la destra. Da un’altro lato però un’altro problema che la politica dell’Unione Europea stà portando è quella che sembra quasi favorire l’espansione dell’Islam con il rischio che si sostituisca alla nostra cultura. L’eccessiva immigrazione, specialmente in Italia, e la decisione di Napolitano che vada data la cittadinanza italiana ai figli di immigrati, sembra preludere al fatto che il problema che l’Europa del futuro diventi una colonia islamica non sembra ancora una volta essere preso in considerazione dall’attuale politica italiana, e probabilmente anche vaste porzioni di quella europea.
(musica del video alquanto ingenua) Era un problema che aveva sollevato anche Orianna Fallaci, circa il fatto che in futuro l’Europa potesse diventare una colonia islamica denominata Eurabia. Faccio ora la citazione di un’articolo che a mio parere ritrae molto da vicino quanto affermava questa qualificata giornalista. “Una «Cassandra che parla al vento». Così si definisce Oriana Fallaci nelle righe iniziali di La Forza della Ragione. Oltre due anni prima aveva pubblicato un libro fulminante, La Rabbia e l’Orgoglio, divenuto immediatamente un bestseller. Mentre gli italiani (e non solo) facevano la fila per comprare il pamphlet, sui giornaloni la scrittrice toscana veniva fatta a pezzi. Comici come Sabina Guzzanti, fini intellettuali, politici, colleghi: tutti a berciarle contro le ingiurie più taglienti. Non si rassegnavano, non erano disposti ad ammettere che aveva visto giusto. Proprio come avvenne a Cassandra, nessuno l’ha ascoltata quando parlava di Eurabia, del dilagare islamico nel Vecchio Continente, di come saremmo stati schiacciati – e in parte già lo eravamo – dalle armate musulmane. E adesso Eurabia è qui e noi continuiamo a nascondere la testa sotto la sabbia, anzi, sotto la carta delle migliaia e migliaia di pagine di giornale che ci imbottiscono il cranio con parole come «accoglienza», «democrazia» ogni volta che citano quanto sta accadendo in Nord Africa. «Non mi piace dire che Troia brucia», scriveva la Fallaci, «che l’Europa è ormai una provincia anzi una colonia dell’Islam e l’Italia un avamposto di quella provincia, un caposaldo di quella colonia. Dirlo equivale ad ammettere che le Cassandre parlano davvero al vento, che nonostante le loro grida di dolore i ciechi rimangono ciechi, i sordi rimangono sordi, le coscienze svegliate si addormentano presto». Bene, adesso le fiamme a Troia sono più alte che mai. Le ondate di immigrati in arrivo sono il culmine di un progetto antico, che da sempre cova tra gli islamici. «L’attuale invasione dell’Europa non è che un altro aspetto di quell’espansionismo. Di quell’imperialismo, di quel colonialismo. Più subdolo però, più infido. Perché a caratterizzarlo stavolta (…) sono anche o soprattutto gli immigrati che si installano a casa nostra». Oriana aveva annusato gli umori fondamentalisti che ribollivano in Stati come la Libia e che oggi, levato il coperchio, stanno saltando fuori. «Perdio, non v’è un solo paese islamico che sia governato da un regime laico, da uno straccio di democrazia! E perfino quelli schiacciati da dittature militari come in Iraq e in Libia e in Pakistan, perfino quelli tiranneggiati da una monarchia assoluta come in Arabia Saudita e nello Yemen, perfino quelli retti da una monarchia più ragionevole come in Giordania e in Marocco, non escono mai dai cardini d’una religione che regola ogni momento della vita e della giornata!», gridava in La Rabbia e l’Orgoglio. In La Forza della Ragione ricordava invece come nel 1979 «i mullah e gli ayatollah spodestarono lo Scià e instaurarono la Repubblica Islamica dell’Iran», rispolverando immediatamente «varie Sure del Corano. In particolare quelle che riguardavano il comportamento sessuale». Anche allora, la rivolta musulmana aveva ottenuto il plauso di tutti i progressisti, innamorati della religione maomettana. Quella religione costrittiva è la stessa che sta arrivando qui. E si impone facendo leva sulla compassione e la pietà che i “sinceri democratici” nostrani provano per il profugo, soprattutto se con figli e moglie. Il metodo di conquista è la «Politica del Ventre cioè la strategia di esportare esseri umani e farli figliare in abbondanza», che è sempre stato «il sistema più semplice e più sicuro per impossessarsi di un territorio, dominare un paese, sostituirsi a un popolo o soggiogarlo. E dall’Ottavo Secolo in poi l’espansionismo islamico s’è sempre svolto all’ombra di questa strategia». Anche ora, l’espansionismo trova complici. Guardate le immagini sconvolgenti dei bambini uccisi in Libia mostrate da Santoro, leggete le paginate di Repubblica. E poi riprendete in mano l’Oriana che illustrava le strategie di «lavaggio del cervello» politicamente corrette, basate «sull’intervista straziante, ad esempio. Sull’articolo strappalacrime…». Ma non ci sono soltanto gli intellettuali a battere le mani mentre vengono colpiti «il nostro sistema di vita, la nostra filosofia della Vita. Il nostro modo di pensare, di agire, di amare. La nostra libertà». Ci sono anche i politici entusiasti. Della sinistra c’è poco da dire, sappiamo come la pensa. Ma la Fallaci prendeva di mira anche Gianfranco Fini, il quale poi si è rivelato tra i più ferventi sostenitori del multiculturalismo. Nel 2004, la scrittrice era lapidaria: «Quanto al Suo vogliono -integrarsi, si-stanno-integrando, chi crede di prendere in giro?!? (…) Perbacco, su questo pianeta nessuno difende la propria identità come i musulmani. Nessuno. Perché Maometto la proibisce, l’integrazione». Ora qualcuno, davanti all’esodo di massa, si aspetta aiuti dall’Europa. Sentite che diceva Oriana in proposito: «Ma come si fa a contare su un’Europa che è ormai Eurabia, che il nemico lo riceve col cappello in mano, lo mantiene, e addirittura gli offre il voto?!? Come si fa a fidarsi di un’Europa che al nemico s’è venduta e si vende come una sgualdrina, che i suoi figli li islamizza e li rincretinisce e li imbroglia fin dal momento in cui vanno all’asilo? Un’Europa, insomma, che non sa più ragionare?». Questa era La Forza della Ragione, 2004. Oggi, nel 2011, vale ancora la profezia della Fallaci. Il nostro mondo «sta bruciando. Va in fiamme col nostro passato, il nostro presente, il nostro futuro. E a proposito: c’è nessuno che abbia voglia di spegnere l’incendio?». Pare di no, cara Oriana, pare di no.” Ora possiamo osservare in base a diversi fatti recenti come sembri che siamo noi che dobbiamo integrarci alla cultura e alle tradizioni dell’Islam, piuttosto che il contrario. Il 27 giugno 2013 la polizia ha arrestato due cittadini albanesi di 19 e 20 anni ritenuti i responsabili dell’omicidio del ragazzo di 24 anni trovato carbonizzato, il 5 giugno scorso, nella caserma abbandonata dei ‘Lupi di Toscana’. Nel novembre 2012 il partito islamico del Belgio in crescita ha fatto dichiarazioni alquanto scioccanti. Una delle grandi novità nel panorama politico continentale è senza dubbio rappresentato dalla nascita di partiti di ispirazione islamista che puntano a raccogliere il consenso degli elettori di fede maomettana. Oltre alla Spagna, anche i paesi scandinavi Norvegia, Svezia e Finlandia si sono incamminati su questa via concedendo ai neomovimenti il nullaosta per concorrere alle elezioni legislative pur in presenza di piattaforme programmatiche piuttosto ambigue per non dire inquietanti. Il riferimento, ovviamente, è alla sharia, l’applicazione integrale della legge islamica che rimane l’obiettivo ultimo, anche se minimizzato dai promotori, oltre alla presenza come da corollario di norme censorie piuttosto severe a riguardo delle libertà personali. Il Belgio, stato ormai a vocazione multiculturalista, non fa eccezione a questo canovaccio con , però, una significativa differenza. Mentre , infatti, nei paesi citati, i riscontri in termini di voti si sono rivelati estremamente esigui ( non più di qualche centinaio di preferenze e percentuali risibili da prefisso telefonico internazionale), a Bruxelles, o meglio nella regione limitrofa alla capitale, ”Islam“, questa la scarna denominazione della formazione, è riuscito ad eleggere i primi consiglieri municipali nel corso della recente tornata di consultazioni amministrative. I due municipi nei quali è avvenuto l’exploir, Anderlecht e Molembeek, sono finiti spesso e malvolentieri negli articoli di cronaca per via delle crescenti tensioni tra gli abitanti ed i frequenti episodi di cronaca nera. Ufficialmente i media ed i partiti istituzionali, con l’eccezione della destra populista del Vlaams Belang, hanno preferito glissare sull’evento giudicandolo alla stregua di analoghi fenomeni riguardanti l’evoluzione della democrazia rappresentativa moderna. Evidentemente non la pensano allo stesso modo i residenti autoctoni delle due cittadine che hanno da subito attivato una petizione popolare online che ha raccolto più di novemila firme in meno di due giorni. L’obiettivo della mobilitazione è quello di mettere fuori legge “Islam” poichè (si legge in calce ala richiesta) “uno degli eletti ha espresso il proprio auspicio acchè il Belgio divenga uno stato islamico ed introduca la sharia, in totale opposizione alle leggi democratiche belghe ed europee“. Isteria dettata da pregiudizi xenofobi? Parrebbe di no dalle affermazioni rilasciate dal neoconsigliere in questione ad un giornale nazionale. Costui dopo aver ricordato che il suo è un partito democratico, tollerante e quant’altro, ammette, tuttavia, che: “Vogliamo spiegare la Legge islamica e, se il popolo lo vorrà, instaureremo la sharia per via referendaria entro 10, 15 o 20 anni. Oggi, senza dubbio è troppo presto. la società non è pronta: dovremmo tagliare troppe mani“. Altre perle dall intervista riguardano il favore alla pena capitale per “i reati particolarmente odiosi“, il divieto di ambienti di lavoro e socializzazione misti per uomini e donne e l’opzione del matrimonio per gli adolescenti onde “scoraggiare l’utilizzo di contraccettivi già a partire da 12 anni“. Agli inizi di questo mese in Francia, nei sobborghi di Parigi, un gruppo di immigrati ha letteralmente preso a calci e pugni una ragazza bianca, colpevole solo di esser passata nel posto sbagliato e al momento sbagliato. “Voi donne bianche appartenete a noi” grida l’immigrato a favore di telecamera. Un’altro esempio circa il fatto di come alcuni estremisti o radicali non rispettino le persone della loro stessa cultura ma con diversa opinione ci perviene dal Marocco. Fadwa Rajoani era dentro la facoltà di Lettere e Scienze Umane di Agadir, in Marocco. Mentre si recava in aula per seguire la lezione , dietro di lei l’ombra di un giovane, 20 anni all’incirca, senza barba o caratteri tipici del radicalista. Le passa un rasoio sul collo e la sgozza. Senza pietà. Una lettera giace tra i seni della ragazza: “l’Islam è la soluzione”. Unica colpa della studentessa? Aver aderito su Facebook ad una pagina dal titolo “La laicità è la soluzione”. Nel mese di febbraio, in campagna elettorale, il futuro ministro per l’immigrazione Kyenge, ad una cena del Pd, dichiara: “l’Italia non è più un paese dove noi troviamo persone con tratti latini o tratti nordici ma è diventato comunque un paese meticcio” Il Partito Democratico, che mi appoggia, ha avuto un grande coraggio a fare questa scelta, un grande merito a un grande partito, che sa vedere il futuro, interpretare il cambiamento. Fortunatamente le parole della Kyenge non corrispondono ai fatti reali anche se in futuro il problema che possa diventare realmente così è assai concreto, siamo ancora un paese dai tratti latini e dai tratti nordici anche se tuttavia la nostra cultura rischia seriamente, come affermava la tristemente dipartita Orianna Fallaci, di venire modificata o sostituita. Affermazioni fuorvianti? L’assedio di Vienna (o meglio il doppio assedio, 1529 e 1687) da parte dei turchi e la vittoriosa resistenza, anche grazie al decisivo aiuto polacco, sono uno dei capitoli fondamentali della storia europea e della cristianità. Se avessero vinto i turchi l’Islam, che aveva già sottomesso i Balcani, avrebbe dilagato in tutta l’Europa centrale e oggi al posto della cattedrale di Vienna, di Notre Dame, del Duomo di Milano etc. avremmo altrettante moschee. Un capitolo glorioso, dunque, che però secondo alcuni è da cancellare. Da anni la sinistra austriaca sostiene che ricordare quell’episodio è “offensivo” nei confronti degli immigrati islamici e adesso si cominciano a vedere i risultati di questa campagna demente. A Vienna una scuola elementare ha ordinato agli insegnanti di non parlare più degli assedi di Vienna (furono due) per non rischiare di offendere gli alunni di origine turca e le loro famiglie che potrebbero sentirsi offese dal ricordo di una loro sconfitta. Sul diffusissimo giornale Die Krone si è scatenato un diluvio di reazioni di austriaci inferociti che parlano di “falsificazione della storia” e di “completa sottomissione culturale”, ma la direzione della scuola ha fatto sapere che gli insegnanti che non obbediranno saranno sanzionati. Quel che i sultani turchi non riuscirono a fare con le armi lo sta facendo la sinistra europea con la politica. Ironicamente la sinistra non sembra rendersi conto dei danni che stà causando all’Europa, ma allo stesso modo si stà delineando il quadro che aveva descritto la Fallaci. Alla luce di questi fatti sembra che il futuro dell’Europa sia in vista di forti cambiamenti della sua cultura. Quando le temperature cominceranno a precipitare drasticamente e le stagioni di faranno più gelide, ci ritroveremmo ad avere un conflitto tra la cultura islamica e quella europea? Fatto stà che i recenti attentati in Gran Bretagna, le rivolte in Svezia, i casi in Francia e Belgio e l’eccessiva immigrazione in Italia sembrano proprio far parte di questo quadro pericolosamente voluto dalla sinistra europa, come la decrescita delle rinnovabili.
Nota: L’Autore di quanto scritto non presenta alcun problema connesso con il razzismo o ideologie politiche, semplicemente i fatti vanno sottolineati sulla base di quello che sono tralasciando emotività e opinioni personali.
Nuovi movimenti dell’acqua, come se fossero onde di marea, stanno interessando la misteriosa sinkhole che si è aperta in Louisiana, nella ‘Bauou Corne’. Le autorità locali e la Polizia lo stanno riferendo attraverso un loro blog. Il movimento dell’acqua all’interno della dolina che è emersa in superficie risulta piuttosto strano e somigliante a delle vere e proprie onde di marea. John Boudreaux, direttore del Ufficio parrocchiale dell’Assunzione della Sicurezza ed Emergenza ha dichiarato che la parte più profonda della dolina/voragine presenta circa 150 metri di profondità, un dato aggiornato a ieri che mostra una crescita incredibile rispetto a qualche settimana fa, quando si presentava con circa 75 metri. All’interno del video sottostante vengono mostrate le onde anomale di cui vi parlavamo poco sopra. Gli esperti si trovano sul posto per cercare di indagare meglio sul fenomeno che, all’apparenza, sembra in continua evoluzione.
Uno sciame sismico con magnitudo fino a 3,5 è stato che si verificano nella Arc Wrangell a circa 40 km a NE di Monte Churchill vulcano negli ultimi giorni. L’intensità e la frequenza dei terremoti si è calmata ieri. Mentre alcuni pochi dei terremoti sono vicino al vulcano, la maggior parte non lo sono. Tuttavia, non esiste un monitoraggio sismico sul vulcano stesso, anche se è potenzialmente un vulcano molto esplosivo. Il Monte Churchill contiene un vertice della caldera pieno di ghiaccio di 3 km di larghezza. Il vulcano è il sito di due grandi eruzioni esplosive in Nord America durante gli ultimi 2000 anni, ma ora non è esattamente conosciuta quando si è verificata l’ultima attività.
PERU ‘ – L’uomo incaricato di monitorare il vulcano Sabancaya ha confermato al quotidiano peruviano El Comercio, che la recente ondata di terremoti nella regione di Arequipa sono stati causati dal vulcano. “Siamo nella sfera di influenza del vulcano Sabancaya, così tutti i terremoti che abbiamo sperimentato in questi ultimi giorni sono stati infatti causati dal vulcano,” Domingo Ramos Palomino ha riferito al quotidiano. Ha continuato a spiegare che anche se c’è stato un aumento di attività in tutto il Sabancaya, non ci sono prove sufficienti per prevedere un’eruzione nel prossimo futuro. “Probabilmente continueranno a sentirsi più di questi terremoti, ma ci vogliono anni di attività per loro a produrre una eruzione”, ha detto Ramos. Ramos ha detto che il vulcano presenta un’unica alterazione in attività fisica, non più variazioni di altri parametri di monitoraggio, come ad esempio la deformazione della struttura. Almeno 111 case sono crollate, 30 di loro a Huambo, in cui anche la fornitura di acqua potabile è stata influenzata. 580 altre case sono state danneggiate, secondo il Rapporto Terremoto. Le scosse hanno cominciato con una massiccia scossa di 6.0 terremoto a nord di Arequipa, nel sud del Perù . Egli ritiene che non vi è alcun grande cambiamento dalla crisi di fumarole che ha osservato nel mese di febbraio, perché continuano ad un’altitudine compresa tra 400 e mille metri. In questo senso, ha detto che i recenti terremoti non sono “un detonatore che indica che il vulcano erutterà.”
I contadini cinesi sono nei guai. E a seguire saranno nei guai l’Egitto e l’Italia. La disgrazia comune è la pesante défaillance del raccolto cinese 2013 di grano. Ne è maturato poco e quel poco risulta in buona parte inadatto al consumo umano. Questo porterà probabilmente la Cina, finora grossomodo autosufficiente, a diventare il primo importatore mondiale di grano. Entrerà così in competizione per l’acquisto del grano con l’Egitto, che finora è stato il primo importatore, e anche con l’Italia, che (sì!) è ora il secondo importatore mondiale di grano; in seguito a questa competizione i prezzi del grano prevedibilmente aumenteranno. Oggi l’agenzia Reuters, la prestigiosa ed attendibile Reuters, produce dati di prima mano e analisi sul disastro del grano cinese che smentiscono le ottimistiche stime pubblicate in questi giorni dalla Fao sui raccolti 2013 di cereali in generale e su quelli di grano cinese in particolare (seguire il link e vedere pagg. 19 e seguenti) Il grano cinese ha sofferto per il cattivo tempo. Ricordate: si scrive global warming; si legge caos climatico e significa prezzo e disponibilità del cibo. Dopo il “continua” i numeri, i grafici e le tabelle. A quanto risulta all’agenzia Reuters, le province settentrionali della Cina – quelle in cui si concentra il grosso della produzione nazionale di grano – hanno subito dapprima gelate primaverili e poi piogge troppo abbondanti. Le rese sono ridotte (su questo Reuters non offre dati complessivi) e soprattutto il 16% di quel poco che si è raccolto è inadatto al consumo umano. Secondo dati forniti da analisti alla Reuters, la Cina potrebbe aver bisogno di importare quest’anno oltre 10 milioni di tonnellate di grano,scatenando una sorta di battaglia per l’acquisto sui mercati internazionali. Fin qui la Reuters, che non parla di prevedibili guai per l’Italia. Ma consultando il datatase della statistiche Fao si può costruire la tabella dei maggiori importatori planetari di grano. Le barre azzurre rispecchiano la quantità. Le barre gialle rappresentano il valore monetario del grano importato. Significa che Brasile, Indonesia eccetera spendono più dell’Italia perchè importano grano più pregiato. Ma, ripeto, notate la quantità. Starete mica pensando che per tamponare la situazione si può far ricorso alle riserve mondiale di grano? Non è il caso di farci grande affidamento. L’anno scorso, sempre a causa delle bizzarrie climatiche, la produzione mondiale di grano è stata inferiore al consumo. Sempre a proposito di grano, la tuttora perdurante instabilità politica dell’Egitto è cominciata nel 2011, in corrispondenza ad un aumento del prezzo del grano: l’alimentazione egiziana è a base di pane, il Paese acquista quasi tutto il grano sui mercati internazionali, gli egiziani sono molto poveri e un rincaro significa fame. L’Italia, non c’è bisogno che ve la descriva: ciascuno di noi sa in quali acque naviga. Non è (ancora) un Paese povero in senso stretto, ma è piena di gente che non arriva a fine mese e che mangia grazie alla Caritas. E adesso, su questo sfondo, provate ad immaginare un rincaro di pane e pasta , i tradizionali cibi nutrienti low cost.
Nel 1961 la popolazione mondiale era poco più di 3 miliardi. Ora si tratta di 7 miliardi. L’ONU FAO del 2013 Statistical Year Book è ora fuori e dimostra che in questo periodo: La produzione agricola è aumentata La produzione agricola globale si è ampliata di tre volte nel corso degli ultimi 50 anni, in gran parte attraverso rendimenti più elevati per unità di terra e di intensificazione delle colture. La globale capite alimentazione per alimentare è salito da circa 2 200 kcal / giorno nel 1960 a più di 2 800 kcal / giorno entro il 2009. Incoraggiati dai prezzi elevati delle materie prime, l’agricoltura ha dimostrato sorprendenti capacità di recupero durante la crisi economica mondiale. Nel 2010, il valore aggiunto agricolo a livello mondiale è aumentato del 4 per cento, in contrasto con un aumento dell’1 per cento del PIL complessivo. Così, mentre la popolazione è aumentata di un fattore di 2,3, il cibo disponibile per persona è aumentato di circa il 30%. Naturalmente ci sono molti milioni di persone che ancora soffrono di malnutrizione, ma questo è dovuto principalmente alla povertà e una mancanza di sistemi di distribuzione. Non è la disponibilità di cibo, che non è riuscita. La percentuale della popolazione che è sotto-nutrita continua a diminuire costantemente. La fame e la malnutrizione: -Quasi 870 milioni di persone, pari al 12,5 per cento della popolazione mondiale, sono state sottoalimentate nel 2010-2012, la stragrande maggioranza di loro (852 milioni) vive in paesi in via di sviluppo. -Tra il 2005 e il 2011, uno su quattro paesi africani ha registrato un tasso di arresto della crescita di almeno il 40 per cento. I tassi di arresto della crescita hanno anche superato il 40 per cento nel Sud e Sud-Est asiatico, nello stesso periodo, con picchi in India, la popolare Laos Repubblica democratica, Nepal. -I tassi africani mostrano i più alti tassi di prevalenza di sottopeso. Durante il 2005-2011, 16 paesi africani hanno mostrato tassi di sottopeso di almeno il 20 per cento, con i più alti livelli registrati nel Corno d’Africa. Ma le tendenze economiche suggeriscono un ulteriore aumento della popolazione di 10 miliardi entro il 2050 e poi stabilizzarsi vicino a questo valore è sicuramente una sfida da affrontare, ma certamente non la catastrofe che alcuni individui illusori vorrebbero farci credere. La produzione agricola mondiale è cresciuta in media tra il 2 e il 4 per cento all’anno negli ultimi 50 anni, mentre la superficie coltivata (terreni coltivati permanenti e seminativi) è cresciuta solo dell’1 per cento all’anno. Più del 40 per cento della crescita della produzione alimentare è venuto da aree irrigue, che hanno raddoppiato le loro dimensioni. Non solo è la terra che potrebbe essere portata in produzione che non è uniformemente distribuito su pochi paesi, ma anche gran parte di essa è caratterizzata da una significativa agronomica e vincoli di idoneità. Nello stesso periodo, i terreni coltivati globali a persona sono gradualmente diminuiti da 0,44 ettari a meno di 0,25 ha – una chiara misura del successo dell’agricoltura intensiva. Tuttavia, la distribuzione di terreni adatti per il ritaglio è inclinato contro quei paesi che hanno più necessità di aumentare la produzione.
Tendenze economiche
Dopo un decennio di crescita più lenta nel 1990, la spesa pubblica globale in agricoltura è aumentata costantemente, passando da 26,1 miliardi dollari nel 2000 a 31,7 miliardi dollari nel 2008. La maggior parte di questo incremento è stato trainato dai paesi in via di sviluppo. Cina e India hanno rappresentato quasi la metà di questa crescita, ma in altri paesi – in particolare Argentina, Brasile, Iran, Nigeria e la Federazione russa – hanno anche notevolmente aumentato la loro spesa pubblica in ricerca e sviluppo agricolo. Eppure, queste tendenze mascherano gli sviluppi negativi che si sono verificati in numerosi paesi più piccoli, più poveri e meno tecnologicamente avanzati. Incoraggiati dai prezzi elevati delle materie prime, l’agricoltura ha dimostrato sorprendenti capacità di recupero durante la crisi economica mondiale. Nel 2010, il valore aggiunto agricolo a livello mondiale è aumentato del 4 per cento, in contrasto con un aumento dell’1 per cento del PIL complessivo.
BELLUNO — Il ghiacciaio della Marmolada riposa sotto una spessa coperta bianca. E, dopo che per anni è parso soccombere al surriscaldamento globale, è al sicuro. Almeno per ora. Il maltempo che per buona parte della primavera è sembrato accanirsi sul Nord Est, ha degli effetti positivi imprevisti. A risentire delle temperature che per molti mesi sono rimaste al di sotto delle medie, è il più grande ghiacciaio delle Dolomiti, quello che ricopre quasi due chilometri quadrati delle cime della Marmolada. Per rendersene conto, basta confrontare la fotografia scattata a fine giugno, con una di dodici mesi fa. Le rocce e i sentieri alpini ben visibili nel 2012, sono scomparsi: tutto è nascosto sotto lo spessissimo strato di neve che si è accumulato a partire dall’ultimo inverno. «È molto positivo perchè in questo modo il ghiacciaio sottostante è protetto», spiega Mario Vascellari, della società Marmolada Srl. «È come se la neve andasse a compensare l’erosione dovuta allo scioglimento e all’azione del vento». Il ghiacciaio della Marmolada qualche settimana fa Il ghiacciaio nel 2012 nello stesso periodo
Non è poco, se si considera che nell’arco di un secolo le dimensioni del ghiacciaio si sono più che dimezzate: oggi misura 190 ettari, nel 1910 erano 450. Da tempo gli esperti ripetono che quella sulla Marmolada è una massa di ghiaccio a rischio estinzione e lo dimostra il fatto che, anno dopo anno, il fronte bianco continua a ritirarsi. Ma almeno per questi primi mesi dell’anno, grazie alle abbondanti nevicate, il lento annientamento del ghiacciaio sembra essersi arrestato. «Il manto che lo riveste evita lo scioglimento, ed è certamente una buona notizia», conferma il meteorologo ed esperto di ghiacci Anselmo Cagnati, dell’Arpav di Arabba. «Molto dipenderà dalle prossime settimane: se agosto non sarà un mese troppo caldo, possiamo sperare che, per la prima volta dagli anni Ottanta, il limite delle nevi perenni rimanga immutato». Presto, quindi, per azzardare delle previsioni. «Impossibile stabilire se siamo di fronte a un’inversione di tendenza: ci vorrebbero una decina di anni di nevicate abbondanti e temperature rigide come quelle degli ultimi mesi, per consentire al ghiacciaio della Marmolada di guadagnare terreno».
L’aumento dei livelli atmosferici di biossido di carbonio stanno rafforzando le piante in tutto il mondo, afferma un rapporto di scienziati ambientali in una recente pubblicazione studio peer-reviewed. I risultati, pubblicati nella rivista Geophysical Research Letters , sono raccolti da misurazioni satellitari di vita vegetale globale e le asserzioni contraddicono le ipotesi degli attivisti che il riscaldamento globale sta portando i deserti ad espandersi, con periodi di siccità devastanti. Un team di scienziati guidati dal fisico ambientale Randall Donohue, un ricercatore presso il Commonwealth Scientific Industrial Research Organization in Australia, ha analizzato i dati satellitari dal 1982 fino al 2010. Gli scienziati hanno documentato un diossido “effetto di fertilizzazione” del carbonio che ha causato un graduale rinverdimento della Terra, e in particolare nelle regioni aride della Terra, dal 1982. I dati satellitari hanno mostrato che l’aumento dei livelli di anidride carbonica ha causato un notevole aumento dell’11 per cento nel fogliame in regioni aride dal 1982, rispetto a quello che sarebbe stato il caso se i livelli atmosferici di biossido di carbonio fossero rimasti ai livelli del 1982. “Un sacco di giornali hanno mostrato un aumento medio di vegetazione in tutto il mondo, e c’è un sacco di speculazioni su ciò che sta causando questo,” ha detto Donohue in un comunicato stampa che accompagna lo studio. “Fino a questo punto, hanno legato il greening a variabili climatiche abbastanza evidenti, come ad esempio un aumento della temperatura in cui è normalmente freddo o un aumento delle precipitazioni in cui è normalmente asciutto. Un sacco di quelle carte hanno speculato circa l’effetto di CO2, ma è stato molto difficile da provare. “ Lo studio ha rilevato che il fogliame in regioni calde e umide come le foreste pluviali tropicali sono vicino alla loro massima capacità. Nelle regioni aride, calde c’è spazio per maggiori aumenti nel fogliame e l’aumento dei livelli di anidride carbonica stanno inducendo la crescita delle piante più diffuse. L’anidride carbonica agisce come fertilizzante aerea e aiuta anche le piante prosperano in condizioni aride. Anche se precipitazione globale è aumentata nel corso del secolo scorso, come la Terra si è riscaldata, elevati livelli di anidride carbonica stanno aiutando la vita vegetale in regioni calde e secche indipendenti – e in aggiunta a – aumenti di precipitazioni globali. “L’effetto di più elevati livelli di anidride carbonica in funzione dell’impianto è un processo importante che ha bisogno di maggiore considerazione”, ha detto Donohue. “Anche se non altro nei cambiamenti climatici, i livelli globali di CO2 aumentano, ci sarà ancora vedere significativi cambiamenti ambientali a causa dell’effetto di fertilizzazione della CO2.” Donohue ha rivolto particolare attenzione all’Australia in un comunicato stampa aggiuntivo. Anche se la siccità globale sta diventando sempre meno frequente e meno grave gli attivisti sostengono che il riscaldamento globale sta causando siccità dannose in Australia, fatto però smentito dai dati. “In Australia, la nostra vegetazione autoctona è superbamente adattato a sopravvivere in ambienti aridi e di conseguenza utilizza l’acqua in ogni modo efficiente”, ha detto Donohue. “La vegetazione australiana sembra abbastanza sensibile alla fertilizzazione della CO2.” “Sulla faccia di essa, la CO2 ha un’elevata amplificazione del fogliame in paesi secchi è una buona notizia potrebbe aiutare la silvicoltura e l’agricoltura in tali aree,” Donohue ha riferito, aggiungendo che gli scienziati devono ancora monitorare gli effetti secondari. I dati mostrano che la vita delle piante via satellite negli Stati Uniti è particolarmente beneficiata dell’aumento dei livelli di anidride carbonica in atmosfera. I dati satellitari mostrano che il fogliame è aumentato nella maggior parte degli Stati Uniti dal 1982, con gli Stati Uniti occidentali che ne beneficiano di più. Infatti, molte regioni occidentali hanno sperimentato un aumento superiore al 30 per cento nel fogliame dal 1982. Altre regioni che mostrano particolarmente forti aumenti del fogliame includono la regione africana del Sahel, il Corno d’Africa, Africa meridionale, il subcontinente indiano, e quasi tutta l’Europa.