L’ipotesi sulla quale si basa questa ricerca è che la decrescita dell’attività solare porti ad un raffreddamento generale sulla superfici planetarie, a causa di una minor irradiamento UV emesso dalla sua superficie, ma in controtendenza ad un’aumento dell’energia termica sprigionata dall’interno di essi, a causa di un’incremento dei neutroni prodotti da un’aumento della Radiazione Cosmica alimentando i processi di decadimento radioattivo interno.
Abbiamo fatto menzione (qui qui ) del fatto che quando il Sole riduce drasticamente la propria attività l’aumento della Radiazione Cosmica proveniente dallo spazio esterno, proveniente dalle emissioni delle altre stelle e dal centro della nostra galassia, raggiungendo la superficie terrestre porta ad un’accelerazione del decadimento radioattivo interno al pianeta, implementando l’attività sismica e vulcanica oltre che ad influire sul clima aumentando l’attività elettrica e accentuando la formazione della copertura nuvolosa.
Giusto per rinfrescarvi la memoria riporto una parte inerente il primo link sopra menzionato.
“La Terra ha un cuore radioattivo e caldo.
Sotto la crosta terrestre si trova un’oceano di uranio e torio che riscalda il pianeta e che in parte è responsabile dei terremoti, delle eruzioni vulcaniche e della formazione dei fondali marini.
A rivelare l’esistenza di questa vera e propria ‘stufa’ del pianeta nascosta nel mantello terrestre sono le particelle che provengono dalle profondità della Terra, chiamate geoneutrini, osservate per la prima volta nel 2010 dall’esperimento internazionale Borexino, condotto nei Laboratori del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).
I dati aggiornati sono stati presentati a Venezia , nella conferenza internazionale sui neutrini, e confermano che il decadimento dei geoneutrini e’ una delle principali fonti di energia del pianeta.
Dimostrano che migliaia di chilometri sotto la crosta terrestre elementi radioattivi come l’uranio decadono, producendo enormi quantità del calore che muove i continenti, scioglie le rocce e le trasforma in magma e lava per i vulcani.
Finora la composizione del mantello e’ stata un enigma, ma adesso le particelle che arrivano dal cuore della Terra indicano che in esso si trovano immense quantità di elementi radioattivi che appartengono alla famiglia dell’Uranio-238 e a quella del Torio-232. Grazie a queste informazioni diventa possibile valutare quale sia la continua produzione di energia termica nella Terra.
I reattori nucleari sfruttano la fissione di un nucleo pesante per produrre energia.
La reazione di fissione viene provocata da una particella nucleare, tipicamente un neutrone, che colpendo il nucleo pesante ne provoca la scissione in due nuclei più leggeri.
Se potessimo in qualche modo misurare la massa del nucleo prima della fissione e quelle dei frammenti prodotti (così vengono tipicamente chiamati i prodotti di fissione generati) si troverebbe che, alla fine della reazione, manca della massa, ossia la somma delle masse dei prodotti è inferiore a quella del nucleo madre.
La quantità di energia derivante dalla perdita di massa è enorme: ogni kg di massa convertito in energia è equivalente all’energia ottenibile bruciando 3 milioni di tonnellate di carbone! “
Le reazioni di fissione in un reattore vengono dunque innescate e sostenute dal bombardamento di neutroni inizialmente rilasciati nel processo di decadimento radioattivo di qualche nucleo e successivamente prodotti nella reazione di fissione stessa.
Ora torniamo alla Radiazione Cosmica e leggiamo quanto segue.
La Terra è bombardata ogni giorno da una pioggia di particelle (raggi cosmici) di origine extraterrestre: questa radiazione è formata da protoni (86%), He (13%), elettroni (2%), nuclei (1%) e pochissimi raggi.
Quando i raggi cosmici arrivano nell’atmosfera urtano contro i nuclei degli atomi dell’aria e li frantumano formando protoni e neutroni, antiprotoni e antineutroni, mesoni.
E’ possibile che l’aumento della Radiazione Cosmica, con il declino del flusso del vento solare sia la causa di un’aumento dei neutroni che raggiungeranno la superficie terrestre e penetrando nella crosta terrestre e raggiungendo il mantello porterebbero ad un’aumento del decadimento radioattivo degli elementi radioattivi di questo strato del pianeta, di conseguenza ad una maggiore energia termica.
La stessa cosa potrebbe riguardare anche gli altri mondi del Sistema Solare, ma abbiamo un problema, chiunque potrebbe aspettarsi effetti similari a quelli terrestri ma in realtà i pianeti e satelliti del Sistema Solare hanno una composizione chimico-fisica assai molto differenti, e la stessa cosa riguarda anche le dimensioni.
Possiamo osservare come un campo magnetico più intenso sembri disturbare i processi endogeni di un corpo celeste, mentre un campo magnetico più ridotto invece li possa accentuare, nell’orbita che Giove compie attorno al Sole, a seconda di quello che sembra corrispondere al ciclo undecennale della nostra stella.
Avente un diametro di 1.300.000 chilometri, il Sole compie una rotazione in appena 27 giorni, con una velocità che supera i 6000 chilometri all’ora in superficie, generando quindi milioni di campi magnetici intrecciati come una palla di spago intrecciata, portando la temperatura a oltre un milione di gradi C°.
Periodicamente sulla sua superfice compaiono delle macchie scure dalle svariate dimensioni, che vengono denominate Macchie Solari che possono durare anche per più di una settimana.
Si tratta di tempeste magnetiche dalle dimensioni facilmente superiori a quelle del pianeta Terra, talvolta così grandi da apparire anche ad occhio nudo sul disco solare.
Pensate, a 150 milioni di chilometri di distanza.
Si ritiene che siano di 1500 gradi Celsius più fredde e quindi più scure dei loro immediati dintorni che si presume abbiano una temperatura di 5.800 C°.
Le Macchie Solari compaiono aumentando progressivamente seguendo dei cicli dalla durata di 11 anni, anche se talvolta questi ultimi possono durare qualche anno in più e a volte anche di meno.
Questi cicli undecennali sembrano essere collegati all’orbita di Giove, il più colossale di tutti di mondi del Sistema Solare, durante il suo Perielio, la parte della sua orbita più vicina al Sole, la presenza del gigante gassoso sembra disturbare con il proprio enorme campo magnetico l’attività magnetica della nostra stella, che diminuisce raggiungendo il minimo undecennale della Macchie Solari per poi tornare ad aumentare man mano che il pianeta di allontana nella sua orbita raggiungendo il suo Afelio, la parte della sua orbita più lontana dal Sole, e tutto questo corrisponde all’orbita undecennale di Giove.
Ciò che ne consegue è che il periodo di tempo che c’è tra un massimo solare undecennale e un minimo solare è generalmente compreso tra i cinque e i sei anni.
Non per niente ma la durata del ciclo orbitale di Giove è 11 anni e qualche mese.Sembra che il potente campo magnetico del pianeta sia in grado di limitare l’attività della nostra stella mentre quando si trova nel punto più lontano della sua orbita l’attività solare subisce un deciso incremento.
Ci sono alcune correnti di pensiero che ipotizzano che l’influenza degli allineamenti planetari o delle posizioni dei pianeti tramite effetti gravitazionali e magnetici, sia in realtà ciò che genera le macchie solari.
I fatti sembrerebbero smentirli in quanto non solo la grande distanza, ma anche le masse e i campi magnetici degli altri pianeti, sono assai irrilevanti dal punto di vista di quanto accade sulla superficie della nostra stella, Giove sembra decisamente fare l’eccezione in quanto è il mondo, ad eccezione del Sole, ad avere il più vasto e intenso campo magnetico dell’intero Sistema Solare, oltre al fatto però che è proprio questo che lo porta a influire negativamente su di essa.
Allo stesso modo dobbiamo prendere d’esempio altre stelle.
Un team internazionale di astronomi ha ottenuto una immagine senza precedenti della superficie della supergigante rossa Betelgeuse, nella costellazione di Orione. L’immagine rivela la presenza di due punti luminosi giganti, che coprono gran parte della superficie.
La loro dimensione è equivalente alla distanza Terra-Sole.
Questa osservazione fornisce la prima indicazione forte e diretta della presenza del fenomeno di convezione, trasporto del calore spostando la materia, in una stella diversa dal sole.
Questo risultato fornisce una migliore comprensione della struttura e dell’evoluzione della supergiganti.
Possiamo prendere d’esempio un’altra stella chiamata HD 12545.
Che cosa potrebbe portare una stella ad avere un tale grande macchia?
Il nostro Sole presenta spesso macchie solari, relativamente fresche oscure depressioni magnetiche che si muovono attraverso la sua superficie.
HD 12545 , tuttavia, espone le più grandi macchie stellari ancora osservate.
Certamente non possiamo andare ad immaginare pianeti di dimensioni simili, quindi sembra chiaro che non è l’influenza planetaria la causa delle macchie solari, ma fenomeni elettromagnetici interni alle stelle.
Allo stesso modo però possiamo anche concludere che se l’assenza del campo magnetico di Giove è in grado di comportare un’incremento dell’attività solare, allora un decremento dell’attività magnetica sulla nostra stella potrebbe portare dall’altra parte, proprio grazie ad un’incremento della Radiazione Cosmica, ad un incremento dell’attività interna di altri pianeti e forse anche le loro lune.
Negli ultimi decenni Venere sta subendo importanti cambiamenti sia nella sua atmosfera sia nella sua struttura interna.
Dal 2006 al 2013, secondo i dati della sonda europea “Venus Express”, la velocità dei venti alle basse latitudini di Venere è costantemente aumentata e la media è ora di 25 m/s. Aumento sostanziale nel giro di sette anni. Questo quanto spiegato dagli scienziati russi dopo aver analizzato i dati a disposizione.
“Siamo a conoscenza di come cambia continuamente la velocità del vento in questa zona; abbiamo preso in esame ed analizzato in maniera approfondita una fascia di dieci gradi di ampiezza con il centro a 20° di latitudine sud. Dall’inizio del funzionamento della sonda, quindi dal 2006, la media della velocità del vento ha raggiunto i 25 m/s, aumentando quindi in maniera costante negli ultimi sette anni”.
Gli scienziati che stavano mappando la superficie di Venere con l’Agenzia spaziale europea Venus Express Orbiter hanno recentemente ricevuto uno shock quando le caratteristiche sulla superficie del pianeta sembrano essersi spostate fino a 12,4 miglia dal punto in cui ci si aspettava che fossero, riferisce National Geographic.
Le misurazioni, se corretta, sembrerebbero indicare che la rotazione di Venere ‘è rallentata da 6,5 minuti – una drammatica diminuzione a livello planetario – rispetto a quando è stata misurata ultima appena 16 anni fa.
Tale ultima misura è stata presa durante la missione Magellan della NASA nel 1990, quando una singola rotazione di Venere è stata calcolata a prendere 243,015 giorni terrestri.
Magellan ha utilizzato la velocità del passaggio delle caratteristiche della superficie del pianeta per fare il suo calcolo, e gli scienziati hanno a lungo ritenuto la misura come standard.
“Quando le due mappe non erano allineate, ho pensato che ci fosse un errore nei miei calcoli, in quanto Magellano ha misurato un valore della rotazione di Venere molto preciso”, riferisce lo scienziato planetario Nils Müller.
“Ma abbiamo controllato ogni possibile errore che potremmo pensare.”
Questo lascia una piuttosto grande domanda: cosa potrebbe essere la causa nella rotazione di un pianeta per decelerare così rapidamente? Dal momento che Venere è anche vicino più prossimo della Terra, dovremmo essere preoccupati?
È interessante notare che la rotazione della Terra stà anch’essa lentamente rallentando, ma gli scienziati attribuiscono questo all’accelerazione della marea, d’attrito “trascinante” causata dalla forza gravitazionale della Luna.
Questa spiegazione non può applicarsi a Venere perché Venere non ha luna propria.
Alcuni scienziati hanno ipotizzato che la spessa atmosfera di Venere e i venti ad alta velocità potrebbero esserne la causa.
L’anidride carbonica dell’atmosfera del pianeta conferisce ad esso una pressione di superficie 90 volte quella della Terra.
Questo fatto, combinato con le velocità dei venti di forza uragano in tutto il pianeta, potrebbe generare abbastanza attrito per rallentare la rotazione di Venere, hanno ipotizzato alcuni.
Altri scienziati sono scettici.
Mentre l’atmosfera di un pianeta è stato dimostrata ruotare più velocemente, questi effetti sono minimi rispetto al grado di rallentamento che è stato testimone di Venere.
“E ‘difficile trovare un meccanismo che farà sì che il tasso di rotazione medio cambi così tanto in soli 16 anni”, ha detto lo scienziato di Venus Express, Håkan Svedhem.
“L’origine di questo potrebbe essere nel ciclo solare o nei modelli climatici a lungo termine che modificano le dinamiche atmosferiche. Ma questo puzzle non è ancora risolto. “
Interessante notare come questo rallentamento sembri corrispondere al mancato riscaldamento climatico osservato sulla Terra negli ultimi 16 anni, causato da un decremento dell’intensità dei cicli solari.
Ciclo solare 21: Dal 1976 a 1986; Ciclo Solare 22: Dal 1986 al 1996; Ciclo solare 23: Dal 1996 al 2008; Ciclo Solare 24: Dal 2008 al 2019;
Anche Marte sembra essere compreso all’interno di questo meccanismo.
Con sorpresa dei ricercatori, Hubble ha mostrato che il clima marziano era cambiato notevolmente da quando il veicolo spaziale senza pilota Viking ha visitato Marte a metà degli anni 1970, che è stata l’ultima volta gli astronomi hanno ottenuto uno sguardo da vicino al tempo sul pianeta rosso per più di soli pochi mesi.
Le immagini di Hubble di nuvole soffici, e la rilevazione spettroscopica di un’abbondanza di ozono nell’atmosfera di Marte, tutti indicano che il pianeta è più fresco, più chiaro e più secco di un paio di decenni fa.
Anche la pressione atmosferica era aumentata.
Il Mars Global Surveyor della NASA, una navicella spaziale senza equipaggio è stata danneggiata nel 1997 da un inatteso aumento locale del 200% nella densità atmosferica di Marte.
Nel 1999 su Marte è apparso un uragano per la prima volta in oltre vent’anni, ed era più grande di ogni altro visto in precedenza.
Per compararlo alla Terra, l’uragano era quattro volte più grande dello stato del Texas.
Tempesta di povere grande quanto il pianeta su Marte
26 Giugno 2001 (s) e 4 Settembre 2001 (d). (NASA/HST/WFPC2)
Poi nel 2001 è stata la volta di una colossale tempesta di sabbia che ha eclissato la superficie marziana dal satellite per almeno tre mesi terrestri.
Potrebbero i processi geologici aver favorito un’aumento del gas atmosferico, magari prodotti da un’accelerazione del decadimento radioattivo interno al mantello?
Allo stesso modo va considerata l’implicazione che un’aumento della Radiazione Cosmica, porta anche ad un’aumento della copertura nuvolosa e dell’attività elettrica sulla Terra, (come descritto qui)
L’effetto della decrescita dell’attività solare sul sistema meteorologico e climatico di Marte, potrebbe quindi agire assai in modo simile, ma differente.
Nell’ultimo decennio anche Giove è stato oggetto di radicali cambiamenti climatici e interni al proprio nucleo.
Un importante studio su Giove nell’edizione del 22 Aprile 2004 di USA TODAY, ha annunciato la sorprendente scomparsa di molte importanti formazioni ovali nell’atmosfera di Giove tra il Settembre 1997 ed il Settembre 2000.
Lo studio ha dimostrato che senza questi vortici in atto, il calore interno di Giove non sarebbe rilasciato come prima e Giove probabilmente vivrebbe un sostanziale riscaldamento globale entro i successivi 10 anni, con un’impressionante proiezione dell’aumento della temperatura di 18°F, o 10°C.
Scomparsa dei vortici bianchi alle medie latitudini di Giove (NASA/HST 2004)
Il planetologo dietro a questo studio ha anche notato che la Grande Macchia Rossa è cambiata dal suo tradizionale rosso in “qualcosa di più simile al salmone”, e ritiene che questo cambio di colore possa anche essere dovuto ad un generale aumento della temperatura di Giove.
Quello che vediamo adesso potrebbe ben essere solo stato solo l’inizio con la scomparsa dei vortici tra il Settembre 1997 ed il Settembre 2000 che può essere direttamente collegata alla comparsa di un vortice polare ancora più grande nell’emisfero nord di Giove pochi giorni dopo, che è stata filmata dal 1° Ottobre al 31 Dicembre 2000.
Indicando che le elevate latitudini del pianeta si sono invece raffreddate.
Uno studio su questo evento pubblicato dalla d.sa. Carolyn Porco e altri ha notato, “Un’altra prova suggerisce che la grande formazione ovale nelle regioni polari è un fenomeno ricorrente… che potrebbe essere quasi-periodico, o raro ma ricorrente, e innescato da un inusuale evento di aurora… Tuttavia, l’evoluzione dell’ovale scuro è attualmente inspiegato.”
Lo spostamento nell’attività dei vortici dalle medie latitudini di Giove verso le latitudini polari è solo uno dei vari cambiamenti chiaramente misurabili che si stanno verificando nel pianeta più grande che si conosca nel sistema solare.
La Figura sotto mostra una nube a forma di tubo di plasma caldo (gas ionizzato) che è stato scoperto per la prima volta intorno a Giove nel 1979.
Le sonde della NASA Pioneer 10 ed 11 non hanno rilevato niente del genere nel 1973-1974, il che significa, ancora una volta, che questa importante caratteristica del sistema di Giove è emersa in soli cinque anni di tempo.
Tubo di Plasma (toroide) nell’orbita della luna di Giove, Io. (NASA/HST)
Nel 1995, la sonda Galileo è arrivata su Giove, ed ha iniziato a rilevare vari cambiamenti.
Gli Scienziati della NASA hanno scoperto che l’atmosfera di Giove è centinaia di gradi più calda del previsto.
La quantità di elementi pesanti (come l’ossigeno) nell’atmosfera di Giove è diminuita di un incredibile 10% tra il 1979 ed il 1995, il che equivale ad una quantità di ossigeno pari a 20 volte la massa della Terra è scomparsa “in modo imbarazzante” nel giro di 16 anni.
Le emissioni di radiazione da Giove sono contemporaneamente aumentate di circa il 25% tra il 1979 ed il 1995.
Su Giove dal 2006 è cresciuta una nuova macchia rossa e il telescopio spaziale Hubble ha ripreso la scena.
“Red Spot Jr.” è stata chiamata.
Lo studio è stato condotto congiuntamente da Imke de Pater e Philip Marcus della University of California , Berkeley.
“La tempesta è in crescita in altezza”, ha detto de Pater. “Prima, quando c’erano solo gli ovali bianchi non sporgevano al di sopra delle nuvole. Ora sono in aumento.”
Questa crescita segnala un aumento di temperatura di ben 10 gradi Fahrenheit in quella regione, ha detto.
Nel 2008 se ne è formata una terza.
Dal 2005, l’attività solare è andata lentamente scendendo, quindi è da escludere che possa trattarsi di un fenomeno legato all’irradiamento solare, tuttavia questo aumento delle temperature deve essere dovuto a qualcosa, e l’unica causa possibile è che l’emissione termica dalle profondità del gigante gassoso sia andata aumentando con il declino dell’attività solare e quindi con il successivo maggiore incremento della Radiazione Cosmica.
Altri cambiamenti del 2010 hanno continuato a manifestarsi su Giove.
Nel 2010 invece una delle sue fasce equatoriali è scomparsa.
Era la fascia che lambiva la più grande e duratura tempesta del sistema solare ossia “L’occhio di Giove”, quella grande macchia rossa che da sempre attira l’attenzione degli osservatori del cielo.
Anche su Io, la luna vulcanica di Giove, sembrano aver avuto luogo sostanziali cambiamenti geologici negli ultimi decenni.
Nel Luglio 1995, Io ha sviluppato un enorme, brillante caratteristica larga 200 miglia. non alle regioni polari.
Questo è stato un cambiamento molto più drammatico di ogni altro visto nei precedenti 15 anni.
Questa coppia di immagini della luna vulcanica di Giove, Io, presa con il telescopio Hubble, mostra la sorprendente crescita di un oggetto bianco-giallognolo largo 200 miglia vicino al centro del disco della luna [foto sulla destra].
Questo rappresenta un cambiamento più drammatico in 16 mesi che in tutti i 15 anni precedenti, dicono i ricercatori.
Essi suggeriscono che il punto possa essere una nuova classe di caratteristica transitoria sulla luna. Per comparazione la foto sulla sinistra è stata presa nel Marzo 1994, prima che il punto emergesse.
Il sito Hubble della NASA ha detto che da quando questa caratteristica luminosa è comparsa all’equatore, “la superficie di Io è stata sottoposta solo a sottili cambiamenti da quando è stata osservata l’ultima volta da vicino dalla sonda Voyager 2 nel 1979.
In modo ancor più interessante, la NASA ha in realtà affermato nel 2000 che Io si comporta “come se fosse un fluido”. (ci credo, si sta riscaldando dall’interno)
Secondo la NASA, sul vulcano Prometeo compare un’“intrigante differenza” tra il 1979 ed il 1997: il vulcano sta ora eruttando da una posizione di circa 75 chilometri (46,5 miglia) ad ovest da dove era situato il punto caldo nel 1979”.
Allo stesso modo un’altro studio ha evidenziato come la ionosfera stessa del satellite vulcanico sia intensificata maggiormente rispetto a prima.
I sensori sulla navetta Galileo hanno trovato una regione molto densa di ossigeno ionizzato, solfuro e diossido di solfuro a 555 miglia da Io che devono essere pompate in quella regione di Io dalla inflessibile attività vulcanica”, ha detto il dott. Louis A. Frank dell’University of Iowa, principale investigatore nell’esperimento scientifico sul plasma della Galileo.
“Invece di essere respinti via dalla magnetosfera rotante di Giove come previsto, i gas ionizzati rimangono sorprendentemente con Io”, ha detto.
“Il passaggio della navicella Galileo attraverso una ionosfera non era previsto perché le immagini dei pennacchi vulcanici prese in precedenza dalla navicella Voyager indicavano che l’altezza dei pennacchi si estendeva solo per alcune centinaia di chilometri o meno”, ha detto Frank.
Una occultazione radio della navicella Pioneer 10 nel 1973 ha indicato altezze ionosferiche di soli 30-60 miglia sopra la superficie.
“Nessuno si aspettava di vedere questo a 900 chilometri [555 miglia] di altitudine” ha aggiunto. La differenza tra quello che ha visto la Pioneer e quello che ha osservato la Galileo indica che l’atmosfera e la ionosfera di Io sono variabili e possono crescere e restringersi a seconda dell’attività vulcanica.”
Sempre in base ai dati della Nasa e delle sonde spaziali che hanno osservato la superficie del satellite, anche la superficie di Io si è decisamente riscaldata.
A centinaia di milioni di miglia dal Sole, i vulcani sulla luna di Giove, Io, friggono alle temperature superficiali più alte mai registrate in tutti i corpi planetari del sistema solare.
Gli scienziati planetari dell’University of Arizona, della Brown University e di cinque altre istituzioni riportarono questa scoperta nella storia di copertina dell’edizione del 3 Luglio del settimanale Science.
“La lava caldissima che erutta su Io è più calda di ogni altra cosa che è eruttata sulla Terra in miliardi di anni”, dice l’autore capo Alfred McEwen, direttore del Planetary Image Research Lab all’University of Arizona.
“Sono le temperature superficiali più alte nel sistema solare a parte il sole stesso”. Almeno 12 differenti sfiati su Io hanno sputato lava a temperature superiori a 2.200°F. Uno sfiato vulcanico può essere addirittura a 3.100°F, circa tre volte più caldo della più calda superficie soleggiata di Mercurio, il pianeta più vicino al Sole.
Le più recenti misurazioni di temperatura sono più del doppio delle più alte temperature registrate dalla navicella Voyager nel 1979 e superavano anche le più recenti misurazioni fatte coi telescopi.
La superficie di Io è diventata più calda tra il 1979 ed il 1998, raggiungendo una temperatura di più di tre volte più calda della superficie soleggiata di Mercurio, e secondo la NASA.
Nel 2000, la NASA ha anche ammesso che “la maggior parte del calore proviene dalla stessa Io, anziché assorbito dalla luce solare”.
Altri mondi nonostante la decrescita dell’intensità dell’attività solare e le colossali distanze hanno manifestato segnali di riscaldamento, probabilmente di origine endogena.
Nettuno.
“Nettuno è radicalmente cambiato dal 1989…Nuove formazioni indicano che con queste straordinarie dinamiche di Nettuno, il pianeta può apparire completamente differente in sole poche settimane”.
Ed ancor più importante, per il modello ID, la NASA ha detto: “L’energia del Sole governa il sistema meteorologico della Terra. Comunque, il meccanismo su Nettuno deve essere molto diverso perché il pianeta irradia 2 volte più energia di quanta ne riceva dal lontano, pallido, Sole…”
Le osservazioni delle immagini del Telescopio Spaziale Hubble (HST) nell’Agosto 2002 mostrano che la luminosità di Nettuno è significativamente aumentata rispetto al 1996… e ora pare essere conforme ad un semplice modello di variazione stagionale.
Comparando le osservazioni dell’Agosto 2002 con le osservazioni simili del 1996, gli autori hanno trovato che la media della riflettività della faccia del pianeta di Nettuno (media del disco) è aumentata del 3,2% a 467 nm (blu), 5,6% a 673 nm (rosso), e del 40% nella banda fra 850 e 1000 nm (vicino all’infrarosso).
Questi cambiamenti risultano da ancor maggiori incrementi di brillantezza a ristrette fasce di latitudine, raggiungendo in certi casi il 100%.
La ragione di questi incrementi potrebbe essere nelle forze stagionali, che sono una variazione stagionale nel riscaldamento solare locale”
Sebbene quest’ultimo articolo della NASA renda tutto semplice e bello, come “un puro piccolo spettacolo di luce condotto da una meteorologia molto ordinaria” ci sono altri articoli che parlano in modo molto più candido.
Il fondo è che la fisica per spiegare un tale cambiamento nella luminosità semplicemente non esiste nei modelli convenzionali, dato che Nettuno pare che “funzioni quasi senza energia”.
Ma non prendete le nostre parole così tanto per dire, leggete quello che gli scienziati stessi hanno dovuto dire:
…Una delle più ventose, dure condizioni meteorologiche del sistema solare… un pianeta il cui spavaldo meteo – mostruose tempeste e venti equatoriali da 900 miglia all’ora – rendono perplessi gli scienziati…
Il meteo su Nettuno, l’ottavo pianeta dal sole, è un enigma da cui iniziare.
Il meccanismo che governa i suoi venti supersonici e le sue giganti tempeste devono ancora essere chiarite.
Sulla Terra, il meteo è governato dall’energia proveniente dal Sole dato che essa scalda l’atmosfera e gli oceani.
Su Nettuno, il sole è 900 volte più debole e gli scienziati non devono ancora capire come il meccanismo di generazione del meteo di Nettuno possa essere così potente.
“E’ un meccanismo meteorologico potente comparato alla Terra” ha detto Sromovsky. “Sembra che funzioni quasi senza energia”…
Sromovsky ha detto che comparato all’immagine fornita dalla navicella Voyager, Nettuno è un altro posto: “Il carattere di Nettuno è differente da quello che era ai tempi della voyager. Il pianeta sembra stabile, tuttavia differente”.
Il riscaldamento interno di Tritone: L’Hubble Space Telescope e diversi strumenti della NASA a terra mostrano che le temperature sulla più grande luna di Nettuno sono aumentate drammaticamente da quando la sonda spaziale Voyager lo visitò nel 1989.
Tanto è vero, infatti, che la superficie di Tritone di azoto ghiacciato si sta trasformando in gas, rendendo la sua sottile atmosfera densa di giorno in giorno.
“Almeno dal 1989, Tritone ha subito un periodo di riscaldamento”, dice l’astronomo James Elliot, professore di Terra, Atmosfera e Scienze Planetarie al Massachusetts Institute of Technology.
Tritone con i suoi 2707 km di diametro è il più grande satellite naturale di Nettuno; possiede un’atmosfera che ha origine dall’interno del corpo celeste e si compone prevalentemente di azoto, tracce di metano, tracce di argon e monossido di carbonio.
L’origine di questo riscaldamento quindi sembra venire dal suo interno.
Il riscaldamento interno di Plutone: gli astronomi hanno riferito che Plutone è in fase di riscaldamento nella sua sottile atmosfera, anche se si muove più lontano dal Sole sulla sua lunga orbita, di forma irregolare.
La pressione atmosferica di Plutone è triplicata nel corso degli ultimi 14 anni, indicando un aumento di temperatura rigida, hanno detto i ricercatori.
Si sospetta che la media temperatura di superficie sia aumentata di circa 3,5 gradi Fahrenheit, o poco meno di 2 gradi Celsius.
Plutone rimane un mondo misterioso i cui segreti non sono così facilmente spiegato, però. Il riscaldamento può essere alimentato da un qualche tipo di attività eruttiva sul piccolo pianeta, ha speculato un astronomo.
Attualmente il pianeta si sta allontanando dalla sua massima vicinanza al Sole, mentre i cicli della nostra stella sono in discesa, escludendo ancora una volta l’irradiamento solare come una possibile causa.
Essendo il mondo più esterno del sistema solare è facilmente prevedibile che l’aumento della Radiazione Cosmica stia aumentando, come sugli altri mondi, il decadimento radioattivo interno del pianeta con effetti anche in superficie.
Quello che sembra evidente riguardo ai pianeti più esterni è che la maggior parte di questi cambiamenti e il loro riscaldamento sia causato da un’incremento della Radiazione Cosmica in corrispondenza graduale con la decrescita dell’intensità dei cicli undecennali del Sole, l’emissione termica della nostra stella è diminuita come percentuale di intensità, mentre un’aumento della Radiazione Cosmica potrebbe aver coinvolto in un’accelerazione del decadimento radioattivo interna anche altri mondi del sistema solare, ovviamente con effetti differenti su ciascuno di esso avente una composizione chimico fisica differente.
Ma i dati della Nasa sembrano chiaramente identificare che molti di questi pianeti siano stati effettivamente oggetto di un riscaldamento di origine interna tra il quali Giove, Nettuno, Tritone, Io e Plutone.
Noi questi dati li stiamo comprendendo, forse con sorpresa, solo attualmente, ma dobbiamo farci una ragione, se l’ipotesi è vera, che questi fenomeni si verificano costantemente ogni qualvolta l’attività solare scenda ai minimi storici, sarebbe strano se i cambiamenti climatici causati dall’attività solare coinvolgessero solo la Terra.
Fonti:
http://expianetadidio.blogspot.it/2013/05/il-cuore-elettrico-del-pianeta.html
http://ansa.it/scienza/notizie/rubriche/fisica/2013/03/12/Terra-ha-cuore-radioattivo_8383083.html
http://scienzapertutti.lnf.infn.it/index.php?
option=com_content&view=article&id=667%3Ai-reattori-nucleari&Itemid=395
http://share.dschola.it/galileoferraris/Valorizzazione%20delle%20Eccellenze/Progetto%20EEE/Progetto%20EEE.aspx
http://www.tilmari.pp.fi/tilmari6.htm
http://www.universetoday.com/50407/
http://www.meteoportaleitalia.it/scienze/scienze/astronomia/9066-aumenta-la-velocita-del-vento-su-venere-da-ormai-sette-anni.html
http://fetonte.blogspot.it/2013/09/sconcerto-tra-gli-scienziati-venere-sta.html
http://www.astronomia.com/2012/10/16/il-riscaldamento-globale-e-fermo-da-16-anni-parola-del-met-office-inglese/
http://hubblesite.org/newscenter/archive/releases/1995/16/text/
http://www.aqua.co.za/assa_jhb/Canopus/c97bjpl.htm
http://hubblesite.org/newscenter/archive/releases/1999/22/
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http://usatoday30.usatoday.com/tech/news/2004-04-22-jupiter-spots-going_x.htm
http://ciclops.arizona.edu/sci/docs/porco-etal-cassini-jupiter-science-2003.pdf
Bagenal, Fran et al. Jupiter: The Planet, Satellites and Magnetosphere, Chapter 1: Introduction.
Bagenal, Fran et al. Jupiter: The Planet, Satellites and Magnetosphere, Chapter 1: Introduction. 2004.
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